Amianto. Processo alle fabbriche della morte by Giampiero Rossi

Amianto. Processo alle fabbriche della morte by Giampiero Rossi

autore:Giampiero Rossi [Rossi, Giampiero]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Melampo
pubblicato: 2015-08-03T04:00:00+00:00


Amarcord

A Casale Monferrato, in effetti, l’amianto arriva dappertutto negli ottant’anni in cui l’Eternit è attiva a poche pedalate da piazza Castello. La filiera produttiva e di contaminazione inizia con l’arrivo della materia prima, contenuta in sacchi, alla stazione ferroviaria di Casale Monferrato, proveniente da Genova: da qui viene trasportata all’interno dello stabilimento di via Oggero. «Abbiamo sentito dalla testimone Sella che la stazione ferroviaria risultava inquinata dalle fibre di amianto, in cui aveva lavorato il marito, a partire dal 1970, marito che poi risulta deceduto proprio per mesotelioma pleurico. Dice la signora: “Succedeva che comunque la ferrovia voleva i vagoni puliti, il personale della ditta appaltatrice doveva pulirli e quindi li spazzava con una scopa di saggina, spazzava a terra”. La signora Sella ribadisce che il trasporto dell’amianto prosegue fino a tutti gli anni Settanta».

Già al suo sbarco in città, dunque, la fibra minerale si rivela fatale. Ma il percorso di polvere e morte prosegue. Anche il passaggio successivo, il trasporto dallo scalo ferroviario al magazzino e alla fabbrica, produce la sua dose di inquinamento. «Il teste Italo Busto ci conferma, laddove lui va a cercare con la mente la possibile esposizione d’amianto del fratello morto per mesotelioma, fratello che non aveva mai lavorato alla Eternit, ci riferisce che diverse erano a Casale Monferrato le fonti di esposizioni ad amianto ed erano addirittura visibili a occhio nudo, soprattutto, ma non solo, intorno allo stabilimento e tra queste vi erano, ad esempio, il trasporto di materiali su camion scoperti attraverso tutta la città. Il magazzino di piazza D’Armi distava tre chilometri rispetto allo stabilimento e per trasportare il materiale dallo stabilimento al magazzino occorreva attraversare tutto il centro cittadino».

È un aspetto ben noto, anzi addirittura discusso all’interno dell’azienda, che a un certo punto abbozza persino una valutazione del rischio extraprofessionale, ricorda il pm Colace, citando la deposizione di Ulrich Teichert: «All’epoca era noto che all’amianto era connesso un rischio, quindi la finalità era quella di minimizzare questo rischio, se dell’amianto fosse uscito dallo stabilimento senza controllo avrebbe potuto contaminare delle zone, avrebbe potuto mettere a rischio delle persone che non erano adeguatamente protette, controllate». I vertici del colosso sanno bene cosa stanno combinando fuori dalle loro fabbriche.

Un’altra fonte di inquinamento esterno, tutt’altro che marginale, sono gli impianti di ventilazione. Ezio Buffa, ex operaio e preziosa fonte di testimonianze oculari, racconta che dopo vari tentativi di applicare dei filtri agli espiratori, senza successo poiché si tratta di filtri del tutto inadeguati, prevale la “rassegnazione”: si lascia che le ventole diffondano nell’aria di Casale il pulviscolo risucchiato dai reparti della fabbrica.

Giovanna Patrucco, con una deposizione che sembra l’amarcord di un paio di generazioni di casalesi, riporta a quei giorni. La fabbrica lavora a pieno ritmo e dà lavoro a tanti padri di famiglia: «Il quartiere del Ronzone, che era circostante allo stabilimento Eternit, era coperto da polvere, che era in netta prevalenza proveniente dallo stabilimento Eternit. Un ricordo che ho molto vivo è quello dell’ambiente perché all’epoca il rione era molto popolato, contrariamente alla desolazione che c’è attualmente.



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